Uno strano intreccio tra Africa, le Americhe e il British Museum
Dove e quando è nata la scienza moderna? Fino a non molto tempo fa, quasi chiunque avrebbe risposto a questa domanda senza esitare: la scienza moderna è nata in Europa tra il XVI e il XVII secolo, in particolare dopo che nel 1543, poco prima di morire, l’astronomo polacco Niccolò Copernico diede alle stampe il De revolutionibus orbium coelestium (Sulla rivoluzione delle sfere celesti) in cui presentò la sua teoria eliocentrica.
Per inciso, secondo molti linguisti è proprio con questo libro che potrebbe essere iniziato lo slittamento semantico del termine “rivoluzione”: da rotazione di un corpo celeste attorno a un altro a mutamento radicale e irreversibile. Perché il De rivolutionibus, spostando la Terra dal centro dell’universo e mettendoci il Sole al posto, un mutamento radicale e irreversibile lo provocò davvero.
Negli ultimi decenni, tuttavia, sempre più storici della scienza (e più in generale della cultura) hanno iniziato ad adottare una prospettiva più globale, non semplicemente eurocentrica, andando a indagare quali siano stati i prestiti che l’Occidente ha ricevuto dalle diverse culture che ha dominato fin dai tempi di Cristoforo Colombo. Perché grazie alle sue – e di altri – scoperte di nuovi mondi non siamo semplicemente entrati in contatto con le patate, il pomodoro e il cacao, ma è iniziata una commistione di culture e saperi che ha portato progressivamente al mondo globalizzato contemporaneo.
Proprio il cacao è legato all’appassionante intreccio che si cela dietro la storia di una delle bevande più famose al mondo – la Coca Cola. La bottiglietta che tutti conosciamo, infatti, deve la sua forma proprio a quella delle fave di cacao, ma la storia delle origini della Coca Cola non finisce qui: quando fu creata dal farmacista di Atlanta John Stith Pemberton, a fine Ottocento, la bevanda era stata concepita per curare il mal di stomaco, e il motivo di queste sue proprietà curative risale a un “meticciato” tra botanica e ragioni economiche risalente a molto tempo prima, più o meno nella stessa epoca in cui Copernico stava gettando le basi della rivoluzione scientifica.
L’ingrediente principale della bevanda inventata da Pemberton, il frutto dell’albero della cola, era originario dell’Africa; nel Cinque-Seicento, gli uomini rapiti per essere venduti come schiavi importarono i semi dell’albero della cola nelle Americhe come ricordo delle terre natie a cui erano stati strappati. Qui, i proprietari terrieri avevano tutto l’interesse a lasciare che i propri schiavi avessero un piccolo appezzamento di terra in cui coltivare qualche vegetale commestibile. Ma non lasciatevi ingannare, non si trattava certo di generosità: per questi schiavisti era un bel risparmio avere manodopera gratuita e non doversi neanche preoccupare di nutrirla!
I semi dell’albero della cola prosperarono in America così come avevano fatto nel continente africano e la coltivazione della pianta continuò nel corso del tempo perché le noci avevano proprietà curative: erano usate per preparare decotti che alleviavano il mal di stomaco… Ma tutto quello che avevano gli schiavi, conoscenze comprese, era di proprietà dell’uomo bianco, e fu così che le virtù della noce dell’albero della cola che sono alle origini della Coca Cola divennero note a figure come il medico irlandese Hans Sloane, appassionato di botanica che per ironia della sorte proprio a causa del suo passato schiavista è stato involontario protagonista del movimento Black Lives Matter quando, nel 2020, il suo busto è stato ritirato dal piedistallo del British Museum, che ironia della sorte era stato fondato nel 1753 proprio grazie alle sue collezioni!