Nel corso del fine settimana precedente l’8 marzo, giornata internazionale della donna (per gli amici, festa della donna, anche se leggendo i giornali non si capisce mai bene cosa ci sia da festeggiare, tra violenze di genere, perdita dei posti di lavoro e via di seguito), un dibattito che normalmente avrebbe infiammato gli animi di tre linguisti, due lessicografi e una manciata di appassionati, ha coinvolto le persone più disparate, affollando i feed dei social network e riempiendo la bocca a personaggi più o meno titolati. 👊
Il “colpevole” di tutto questo clamore? Una lettera aperta all’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, i cui cento, tra firmatari e firmatarie, chiedevano una modifica a una voce del Dizionario dei Sinonimi e Contrari della Treccani, La voce, manco a farlo apposta, era proprio “donna“. ♀️
Nella voce, infatti, compariva – e continua a comparire anche adesso che scrivo – l’espressione “buona donna“, che come potete immaginare contiene sinonimi cha vanno da “cortigiana” a “battona” a “cagna”. E la lettera chiede di eliminarli, in quanto ritenuti termini ingiuriosi, “espressioni non solo offensive ma che, quando offerte senza uno scrupoloso contesto, rinforzano gli stereotipi negativi e misogini che oggettificano e presentano la donna come essere inferiore.” 😳
Ma un dizionario deve tenere conto dello status quo della lingua, ci piaccia o no, e la richiesta non è stata accolta. La risposta della direttrice del Vocabolario Treccani, Valeria Della Valle, ricorda che Marina Yaguello, già nel 1980, intitolò un capitolo di un suo libro “Bisogna bruciare i dizionari?”, per segnalare i fenomeni di stereotipia sulle donne perpetuati dalla tradizione lessicografica. E commenta che non è invocando un falò, in questo caso neanche troppo simbolico, che bruci le parole che ci offendono, che riusciremo a contrastare e ancor meglio a superare la cultura maschilista e il marchio misogino che essa ha impresso, anche attraverso la lingua, sulla concezione della donna. 🔥
Sono d’accordo con la direttrice nel pensare che le “espressioni più detestabili e superate” non vadano eliminate a forza, ma debbano continuare ad avere spazio nei dizionari, opportunamente commentate e contestualizzate. E questo proprio perché la “lingua del disprezzo esaurisca il suo corso” il più presto possibile e ci sia, per noi tutti, spazio per una lingua diversa, più paritaria, più inclusiva. 👍
SapEvatelo
👉Cominciamo noi parlanti a usare le parole diversamente, e i dizionari dovranno adeguarsi – e probabilmente, saranno molto felici di poterlo fare 😊