I cookies sono dappertutto. Non scherzo. Ci piaccia o no, siamo sempre tracciabili, ovunque andiamo – e questo vale quando navighiamo attivamente tra un sito e l’altro, sicuramente, ma in realtà chiunque abbia uno smartphone connesso a internet dovrebbe avere la sensazione di essere perennemente osservato da qualche sorta di Grande Fratello…
Ad ogni modo. Da quando, a maggio 2018, è entrato in vigore il GDPR, bisogna essere chiari, anche se io a leggere il Regolamento ci ho provato ma non sono riuscita ad andare oltre la terza riga… Anche questo sito, volente o nolente, usa i cookies: perché ne fa uso WordPress, che è il CMS grazie a cui le mie parole vi vengono generosamente offerte in termini non troppo antiestetici e soprattutto dinamici (per approfondire, date un’occhiata qui); perché ne fa uso Google Analytics, a cui mi sono religiosamente abbonata a una settimana dall’apertura del blog (quando ero io l’unica lettrice), pur non avendo mai capito bene come sfruttarne le quasi infinite potenzialità; perché ne fa uso anche qualcuno dei plugin che utilizzo – tipicamente, usa i cookies il plugin che ho installato per ottemperare alla nuova normativa sui cookies (…). Ma questi ultimi sono cookies “tecnici”, e per quelli non c’è bisogno di chiedere il consenso. O almeno questo è quanto ho capito.
E comunque, per tutti questi motivi: qui i cookies ci sono, mi piaccia o meno l’idea. Se però a voi l’idea non piace per nulla, potete selezionare l’impostazione appropriata sul vostro browser di navigazione (io ho provato a farlo, tempo fa, ma dopo pochi giorni ho deciso di sacrificare la privacy sull’altare della rapidità).
Addio, e grazie per tutto il pesce [cit.]