La mattina del 29 maggio 1919, sull’isola di Príncipe, la pioggia scendeva con una discreta intensità. Non ci sarebbe stato nulla di strano – soprattutto non per un gruppo di sudditi di Sua Maestà Giorgio V, sicuramente abituati a bizze meteorologiche di ogni tipo – se non fosse che quel giorno, sotto le nuvole gonfie di pioggia, si erano radunati scienziati provenienti da varie parti del mondo per osservare un’eclissi totale di Sole che avrebbe cambiato il corso della storia della scienza.
Fra questi, vi era Arthur Eddington, che come abbiamo visto era stato inviato sull’isola (oggi parte dello stato indipendente São Tomé e Príncipe, ma all’epoca ancora sotto il dominio portoghese) direttamente dall’Astronomo Reale Frank Dyson per fotografare l’eclissi e scoprire così se, dati alla mano, le previsioni sulla curvatura dello spazio della recentemente pubblicata teoria della relatività generale di Albert Einstein fossero veritiere.
Eddington non era nuovo a spedizioni di questo tipo e sapeva come muoversi dal punto di vista operativo. Era un uomo meticoloso, che nel corso di tutta la sua esistenza tenne traccia della propria attività ciclistica su appositi diari (conservati presso la Wren Library di Cambridge, se foste curiosi di vederli), e non si fece scoraggiare dalle numerose difficoltà che incontrò nella preparazione del viaggio alla volta del Golfo di Guinea.
L’organizzazione era incominciata – ironia della sorte, se si ricorda che l’astronomo aveva ottenuto l’incarico proprio per evitare di partire per il fronte – proprio l’11 novembre 1918, il giorno dell’Armistizio, con una lettera inviata dall’astronomo inglese al direttore dell’Osservatorio astronomico di Lisbona, il vice ammiraglio César Augusto de Campos Rodrigues.
A quel tempo, il Portogallo stava attraversando un periodo molto complicato. Da quando, nel 1910, era divenuto uno stato repubblicano, aveva sofferto una serie di crisi politiche, economiche e finanziarie culminate nella breve dittatura di Sidónio Pais, in un successivo coinvolgimento nella guerra e, dopo l’assassino di Pais nel dicembre 1918, in una rivoluzione che all’inizio del 1919 restaurò la monarchia.
Come raccontano alcuni storici della scienza portoghesi che si sono interessati alla vicenda (qui l’articolo originale, in inglese), Eddington corrispose a lungo con il vicedirettore dell’Osservatorio, il colonnello Frederico Oom (figlio del fondatore), chiedendogli esplicitamente un aiuto logistico e organizzativo:
Abbiamo scoperto che al momento tutte le partenze per Lisbona sono state cancellate – immagino a causa della rivoluzione. Mi auguro che questo non abbia recato danno né a voi né all’Osservatorio.
Decine di lettere conservate negli archivi dell’osservatorio lisbonese mostrano come direttore e vicedirettore si impegnarono, nei primi mesi del 1919, a facilitare il più possibile gli inglesi nell’organizzazione del duplice viaggio in un momento storico particolarmente complesso.
HMS Anselm, in una foto del 1918
L’8 marzo del 1919, finalmente, i due gruppi salparono da Liverpool a bordo della HMS Anselm diretta all’isola di Madeira, dove arrivarono la settimana successiva; quasi un mese dopo, si imbarcarono sulle rispettive navi, gli uni in direzione di Sobral, in Brasile e gli altri, sotto la direzione di Eddington, verso l’isola di Príncipe. Proprio durante la sosta a Madeira, Eddington ricevette conferma che, in loco, sarebbe stato supportato da un tal Jéronimo Carneiro, proprietario terriero, che gli avrebbe mostrato le sue piantagioni in modo da individuare il luogo più adatto in cui trasportare l’attrezzatura e condurre le osservazioni il fatidico giorno dell’eclissi.
Per motivi non del tutto chiari, mentre a Sobral gli inglesi sarebbero stati accompagnati da alcuni scienziati brasiliani, nessun membro della comunità scientifica portoghese avrebbe partecipato alle osservazioni condotte a Príncipe; l’unico che aveva manifestato una distinta volontà di accompagnare Eddington e il suo gruppo era stato Manuel Peres, all’epoca direttore dell’Osservatorio astronomico del Mozambico (altra colonia portoghese). Dopo numerose missive inviate ai superiori a Lisbona tra la fine del 1918 e l’inizio del 1919, tutte senza risposta, il povero Peres dovette purtroppo rassegnarsi:
E’ difficile trovare biglietti, ed è necessario prenotare con grande anticipo. Se ci andassi in veste ufficiale avrei diritto a un posto [in nave], ma se devo invece viaggiare durante le mie ferie devo comprare i biglietti adesso [il 6 marzo 1919, ndr], perché la nave partirà a metà del mese prossimo. La mia idea sarebbe di prendere un permesso non retribuito, partire alla volta di S. Tomé e fermarmi lì un mese, che andrebbe sottratto al periodo di permesso complessivo. Tuttavia, i periodi di permesso vanno trascorsi nella capitale o in un altro luogo approvato dal Comitato per la salute, e dubito che il Comitato approverebbe l’isola di S. Tomé. Resta sempre la possibilità della visita ufficiale, ma mi sembra ormai improbabile, dal momento che nessuno mi ha ancora risposto e, anche lo facessero, ormai non c’è più tempo.
Sarà che proprio in questi giorni sto cercando di organizzarmi le vacanze estive, ma mi colpisce che cent’anni fa le difficoltà per raggiungere mete famose in periodi in cui tutti decidono di viaggiare non fossero poi tanto diverse da quelle che incontriamo oggi.
Ad ogni modo, finalmente il 29 maggio arrivò, e l’eclissi durò 302 secondi – poco più di cinque minuti. Come abbiamo visto, nonostante l’epoca fosse quella della fine della stagione delle piogge, il tempo non era affatto ideale; con le parole dello stesso Eddington:
La pioggia smise di cadere a mezzogiorno; verso l’una e mezza cominciammo a scorgere alcuni sprazzi di Sole. Non avevamo scelta: scattammo le fotografie alla cieca. Io stesso non riuscii a vedere l’eclissi perché ero troppo indaffarato a cambiare le lastre fotografiche; diedi giusto un’occhiata all’inizio, per assicurarmi che fosse incominciata, e un’altra a metà, per vedere quante nuvole ci fossero ancora, effettivamente. Riuscimmo a scattare complessivamente sedici fotografie: in tutte, il disco solare si vede piuttosto bene, ma una nuvola ha interferito con le immagini delle stelle. Le ultime mi sembrano essere le più promettenti per ottenere ciò che ci serve…
Ciò che serviva al gruppo guidato da Eddington era una dimostrazione del fatto che il Sole, con la sua massa, deforma lo spazio(tempo) in modo tale che la luce di una stella lontana giunge fino a noi lungo una traiettoria diversa da quella che percorrerebbe in uno spaziotempo vuoto; tipicamente, in uno spaziotempo deformato da una grossa massa, la luce viaggia lungo una linea curva anziché retta (come mostrano le decine di immagini che potete trovare online senza difficoltà, ma che io non pubblicherò perché offendono il mio senso estetico).
Delle sedici fotografie che ritraevano il disco solare, soltanto sei mostravano, lungo il bordo di cielo, le stelle che interessavano agli scienziati; fra queste sei, soltanto in due le stelle presenti erano almeno cinque – il numero minimo per ottenere risultati apprezzabili delle misure dello scarto rispetto alla teoria newtoniana.
Dopo aver elaborato i dati ottenuti, il verdetto fu positivo: il risultato di 1.61” ± 0.3” (in altre parole, un intervallo compreso fra 1.31 e 1.91 secondi di arco) era compatibile con la teoria della relatività generale (1.75”). La luce delle stelle era deviata dalla presenza del Sole, e lo era proprio come Einstein aveva previsto.
Copia di una lastra di Eddington; Courtesy Niels Bohr Institute, Copenhagen
La teoria einsteiniana, a dire il vero, aveva già ottenuto un successo senza precedenti, che aveva messo profondamente in crisi l’illustrissima “capostipite”, la gravitazione universale newtoniana, spiegando un’anomalia che da decenni turbava i sonni degli astronomi. Si trattava della cosiddetta precessione dell’orbita del perielio di Mercurio: il fatto che il semiasse maggiore dell’orbita (ellittica) del pianeta si avvicina alla nostra stella con un movimento considerevolmente più ampio rispetto a quanto previsto da Newton – ma perfettamente in accordo con le previsioni della teoria di Einstein. Proprio per questo motivo, in effetti, la relatività generale era stata “presa sul serio” – altrimenti non si spiegherebbe l’impiego di così tante risorse per la realizzazione delle numerose spedizioni osservative condotte ai quattro angoli del globo.
Bene. Mi sono appassionata talmente tanto alle vicende di Eddington che nemmeno questa volta, così come successe nel primo post che ho scritto sull’argomento, sono riuscita a raccontare tutta la sua storia così come avrei voluto. Resta infatti ancora da capire quali furono le reazioni della Royal Society e poi del mondo intero all’annuncio della curvatura dello spazio(tempo) e di tutte le altre possibili implicazioni della teoria della relatività generale. Perché è proprio grazie alle osservazioni e alle successive attività di divulgazione di Arthur Eddington che un nuovo personaggio entrò nell’immaginario collettivo, occupando un posto di assoluta preminenza da cui ancora oggi nessuno è riuscito a scalzarlo: l’eclissi del 29 maggio 1919, infatti, segnò la nascita del mito universale di Albert Einstein.
Articolo in tre parti sulla conferma della relatività generale e la nascita del mito di Einstein:
1° – Arthur Eddington e la conferma della relatività
2° – L’eclissi che cambiò la storia della scienza
3° – L’improvvisamente famoso dottor Einstein