Galileo Galilei: uno dei massimi scienziati della storia, il padre del metodo scientifico, scrittore eccellente ancora oggi piacevolissimo da leggere… Cosa pensereste scoprendo che questo personaggio così importante, in cui sembrerebbe un delitto non riporre la nostra massima fiducia, ha un giorno affermato, quasi con leggerezza, che i colori non esistono?
Per lo che vo io pensando che questi sapori, odori, colori, etc., per la parte del suggetto nel quale ci par che riseggano, non sieno altro che puri nomi, ma tengano solamente lor residenza nel corpo sensitivo, sí che rimosso l’animale, sieno levate ed annichilate tutte queste qualità.
Questa citazione da Il Saggiatore è abbastanza inequivocabile; se non fosse che, mentre non sembra così strano che sapori e odori risiedano unicamente nel soggetto che li prova, i colori… Potremmo proprio dire, parafrasando Nanni Moretti, che i colori sono importanti! E soprattutto, hanno un aspetto molto più oggettivo, trasversale, inequivocabile. Se il famoso detto è “La bellezza è nell’occhio di chi guarda” anziché “Il rosso è nell’occhio di chi guarda” ci sarà pure un motivo. Oppure no?
Proviamo a esaminare la questione da un punto di vista prettamente pratico. Abbiamo già parlato, qualche tempo fa, del colore delle banane, scoprendo senza troppa sorpresa come una banana sia gialla soltanto per una parte della propria vita, che trascorre passando dal verde-acerbo al giallo-ottimo per la merenda al marrone-buono per il compost. Immaginiamo ora di arrivare a casa dopo aver fatto la spesa dal nostro verduriere di fiducia e di scoprire, con un certo disappunto, che le banane necessarie per preparare il dessert dell’importantissima cena organizzata per quella sera hanno il colore dei prati in primavera; altro che perfettamente mature, com’è scritto sul ricettario: sono decisamente acerbe.
Ecco che, un po’ arrabbiati, torniamo sui nostri passi e sventoliamo sotto il naso del negoziante suddette banane: “Avevo chiesto banane mature, mentre queste sono verdi e adesso non avrò più il tempo per preparare la torta preferita di mia moglie / del mio fidanzato / di mia suocera / del mio capo! Voglio i miei soldi indietro!!”.
Peccato che, di fronte alle nostre rimostranze, il verduriere scuota la testa con aria saputa: “Oh no, queste banane non sono verdi, non è vero. Non le ridarò proprio niente. E proprio lei, che si dà tante arie e scrive storie di scienza, dovrebbe saperlo che i colori non esistono.”
Come dargli torto? D’altronde l’esistenza dei colori fu negata persino da Galileo, e anche lui era in ottima compagnia.
Insieme a filosofi come John Locke o David Hume, infatti, gli scienziati convinti che i colori non esistono si ammassano in una lista non soltanto lunga ma anche (forse un po’ sconcertantemente) ricca di nomi illustri: il Robert Boyle che diede il proprio nome alla legge dei gas, Cartesio, sir Isaac Newton, Thomas Young, Hermann von Helmholtz e – in tempi più recenti – niente popò di meno che James Clerk Maxwell, il quale scrisse, negli anni ’90 dell’Ottocento:
Sembra quasi un truismo affermare che il colore è una sensazione; eppure Young, riconoscendo con onestà tale verità elementare, ha stabilito la prima teoria dei colori consistente.
Eppure quella che i colori non esistono non è certo un’idea per così dire superata dalle più recenti scoperte scientifiche, anzi: è possibile che il nostro verduriere si sia formato la propria opinione in merito addirittura su un testo contemporaneo, scritto meno di vent’anni fa da un docente dell’università di Berkeley e adottato come libro di testo nei molti corsi di laurea in cui si studia la visione dal punto di vista scientifico. Scrive infatti Stephen Palmer:
Le persone credono universalmente che gli oggetti sembrino colorati soltanto perché, per quanto riguarda il modo in cui ne abbiamo esperienza, sono colorati. Il cielo sembra blu perché è blu, l’erba sembra verde perché è verde, il sangue sembra rosso perché è rosso. Per quanto sorprendente ciò possa risultare, tuttavia, queste credenze sono fondamentalmente sbagliate. Né gli oggetti, né la luce, sono in alcun modo “colorati” […]: il colore è una proprietà psicologica dell’esperienza visiva che abbiamo quando guardiamo gli oggetti o la luce, non una proprietà fisica di tali oggetti o di tale luce. I colori che vediamo sono basati su proprietà fisiche degli oggetti e della luce, che fanno sì che li vediamo come colorati, ma tali proprietà fisiche differiscono in modi significativi dai colori che noi percepiamo.
Sembrerebbe dunque, almeno se vogliamo seguire le argomentazioni di chi ha una posizione soggettivista, che la boutade delle prime righe abbia un fondo – neanche tanto profondo – di verità. Il rosso è nell’occhio di chi guarda, perché se i colori non esistono, di per sé, allora quel rosso, quella particolare proprietà esperita, è qualcosa che esiste soltanto nell’occhio di chi la esperisce, e da nessun’altra parte.
E vorrà dire che in attesa di scrivere un bel post sulla posizione realista di chi sostiene che i colori non soltanto esistono, ma sono proprietà possedute dagli oggetti indipendentemente dagli osservatori, stasera, al posto del dessert alla banana, servirò una bella vaschetta di gelato.
Foto di copertina “Rainbow colors” ©Christian Teilas via Flickr