Qualche anno fa ho trascorso l’estate nelle isole Sporadi; per chi, come me, della Grecia aveva visto, e amato, soltanto le Cicladi arse dal sole e dal vento, le Sporadi sono una rivelazione verde e ombreggiata. Peccato che soprattutto l’isola di Skopelos, nel 2012, fosse letteralmente invasa dalle api, tanto che in quattro giorni riuscii a farmi pungere ben tre volte. Per inciso: sì, Skopelos è l’isola in cui hanno girato molte scene del film Mamma mia!, che vergognosamente confesso di non aver mai visto – sarà colpa delle api?
Ad ogni modo, da allora ho sviluppato una piccola fobia per questi insetti che, lo so, non hanno intenzione di farmi alcun male. E mi sento tremendamente in colpa perché, come ormai tutti sanno, le api sono molto importanti per mantenere la biodiversità.
PS: Se preferiamo adottare un punto di vista più egocentrato e meno “ecologista”, ricordiamo che le api sono praticamente indispensabili per quasi il 75% del cibo che, indirettamente o direttamente, arriva nei nostri piatti.
Così mi sono messa alla ricerca di fonti di ispirazione per riavvicinarmi alle api, e una delle migliori è stata sicuramente la storia del compositore Troels Brun Folmann, autore di effetti sonori per vari film hollywoodiani, tra cui Avatar, e di videogiochi noti persino a chi è nato prima degli anni ’50, come Tomb Raider. Folmann, un giorno, ha deciso di prendere il toro per le corna, affrontando la sua paura per le api in un modo abbastanza inusuale.
Dopo aver trascorso un po’ di tempo in un giardino con molti alveari armato di microfono e registratore, Folmann, come si può vedere nel video, ha manipolato con vari strumenti il ronzio prodotto dal battito d’ali degli insetti (215 battiti al secondo), ottenendo un pezzo di musica elettronica tutto sommato piacevolmente ballabile. Resta da vedere se le api apprezzeranno abbastanza la melodia da mettersi a danzare e non curarsi più di pungere il compositore!
Se alla musica elettronica si preferiscono sonorità più, come dire… contemporanee, e se alla paura per le api si unisce una certa fascinazione e, chissà, anche una notevole – quanto giustificata – ammirazione, ecco che interviene il compositore, clarinettista e molte altre cose Evan Ziporyn.
Direttore del Center for Art, Science & Technology del MIT, nel 2007 Ziporyn ha composto un brano per quartetto di clarinetti dal titolo Alveare (Hive):
Hive nasce, sia come suoni sia come struttura, dalla mia esperienza di apicoltore amatoriale. La società delle api “depreda” la nostra e, in molti sensi, l’incontro con le api è simile a quello con un extraterrestre: si tratta in entrambi i casi di esseri con cui abbiamo moltissime somiglianze scioccanti, e da cui ci distinguono profonde differenze.
Hive non è strettamente programmatico, ma contiene sicuramente alcuni elementi che provengono dritti da questo incontro. Per esempio, sembra che le api felici producano un “La” collettivo mentre, quando si agitano, la nota emessa è piuttosto un “Do”; queste alternanze sono alla base delle oscillazioni in apertura del pezzo. La forma complessiva del brano rispecchia invece il ciclo di vita di un alveare: la frenetica attività dei mesi estivi è seguita da una quasi-ibernazione, stato in cui lo sciame si compatta per scaldarsi e proteggersi, vibrando pazientemente nell’attesa della fine dell’inverno.
Se la musica non fosse sufficiente, anche altri tipi di arte si sono appoggiati e ispirati alle api per indagare vari aspetti della società umana. Lo racconto qui.
E se anche ripensare a tutte queste opere finora non è bastato a farmi passare del tutto la paura, se anche tutte le volte che sento un bzzz sospetto ho la tendenza a fare un salto all’indietro (e dovreste vedere le reazioni del mio ex fidanzato [attuale marito]: le mie al confronto sono posate manifestazioni di un leggero fastidio!)… grazie ad artisti come questi, per lo meno, riesco a pensare che il gioco vale senza dubbio la candela.