Ultimamente si fa un gran parlare di quanto le api siano importanti per la biodiversità, ma confesso che molto egoisticamente ogni primavera la mia prima preoccupazione è quella di non farmi pungere…
Sia quel che sia, le api, per quanto strano possa sembrare, sono state negli ultimi anni non soltanto oggetto di libri e articoli di giornale in cui se ne commentava catastroficamente l’imminente scomparsa, ma anche, più costruttivamente, soggetto protagonista di alcune opere d’arte.
Personalmente, sono stata colpita in particolare da due opere, realizzate da artisti entrambi in grado di stabilire un dialogo costruttivo con apicoltori e scienziati e capaci di “sfruttare” le straordinarie capacità di questi insetti per realizzare qualcosa di bello e, a suo modo, importante.
La prima opera che vorrei presentare ha un titolo piuttosto parlante (Bee’s); si tratta di una vera e propria esplorazione scientifica in chiave artistica. La portoghese Susana Soares, che da allora ha continuato a lavorare anche con altri insetti, ha mostrato in questo lavoro del 2007 come si possano sfruttare le capacità olfattive delle api (milioni di volte superiore a quelle umane) per istruire gli insetti, con la tecnica del riflesso pavloviano, a riconoscere un ampio spettro di odori, inclusi i biomarcatori associati a malattie come il diabete, la tubercolosi e alcuni tumori della pelle.
La seconda opera fa parte della collezione permanente del Museum of Modern Art di New York (acquistato in seguito alla mostra del 2008 Design and the elastic mind, che non mi pentirò mai abbastanza di non aver potuto vedere) ed è dell’artista Tomáš Gabzdil Libertíny. The Honeycomb Vase “Made by Bees” consiste per l’appunto in un vaso-favo realizzato dall’artista con la costruzione di una impalcatura a forma di vaso dentro cui ha inserito uno sciame di api (circa 40.000 insetti) che, in una settimana, ha completato l’opera. Il processo, battezzato dall’artista/designer “slow prototyping”, ironizza sulle tecnologie manifatturiere contemporanee.
Negli anni successivi, Libertíny ha perfezionato la tecnica, fino a realizzare (o a far realizzare dalle api, sarebbe forse più corretto scrivere) una teiera per la collezione parigina di Christofle, il produttore francese di argenteria e oggetti per la casa.
Nella sua semplicità, tuttavia, per quanto la teiera sia assolutamente strabiliante, personalmente preferisco il vaso. Come in un poetico circolo virtuoso, infatti, Libertíny parte dai fiori, che nutrono lo sciame, e rende possibile la costruzione di un vaso che, a sua volta, conterrà dei fiori.
Perché è vero che per fare tutto ci vuole un fiore, proprio come cantava Sergio Endrigo.