Dov’è la sede dell’anima? Ecco una domanda per iniziare la giornata all’insegna della leggerezza 😉 Se si vuole provare a rispondere, in primo luogo, bisogna pensare che l’anima esista, poi che debba avere una sede fisica, presumibilmente da qualche parte all’interno del nostro corpo. Da qui, si può partire con le speculazioni, cosa che è stata fatta a iosa nel corso dei secoli – processo che non proverò nemmeno a cercare di riassumere qui.
Quello che mi interessa raccontarvi oggi, piuttosto, è la storia di un uomo che, sicuro che l’anima fosse situata nel cervello, provò a tutti i costi a trapiantarla da un corpo a un altro al fine di renderla davvero immortale.
Breve inciso: noi oggi diamo assolutamente per scontato che il cervello sia la sede del pensiero e quindi, presumibilmente, costituisca il substrato fisico della mente e, se volete, dell’anima. Per lunghissimo tempo, invece, grandi pensatori come Aristotele sono stati convinti del fatto che l‘organo responsabile di gestire i nostri pensieri, i nostri sentimenti, la nostra personalità e via di seguito fosse il cuore. Non è così strano, a ben pensarci, soprattutto se si riflette sul fatto che il cervello, almeno a prima vista, è una massa molliccia di materia apparentemente uniforme: non esattamente il miglior candidato al premio di “oggetto più complesso dell’universo conosciuto”, come invece sempre più si sta rivelando essere.
Ad ogni modo, torniamo al protagonista di oggi: Robert White, neurochirurgo di Cleveland, tra gli anni Sessanta e Settanta eseguì il primo trapianto di testa su un macaco, a cui ne seguirono altri quattro, confermando – a suo dire – che il cervello è la sede della personalità.
Devoto cattolico, White diventò amico non di uno, ma di ben due papi, Paolo VI e Giovanni Paolo II, e fu membro dei comitati di bioetica promossi da entrambi, occupandosi di molte questioni al confine tra morale e religione come, per esempio, definire quando esattamente ha termine la vita.
I suoi macabri esperimenti con le teste (e i corpi) delle scimmie risultarono in tecniche chirurgiche innovative e molto importanti per preservare le funzioni in cervelli danneggiati e in caso di incidenti alla spina dorsale. Tuttavia, a mio modesto parere per fortuna, Robert White non riuscì mai nell’intento di operare un trapianto di testa tra due esseri umani – nonostante i volontari li avesse trovati.
La sua storia, raccontata nel recente libro Mr Humble and Dr Butcher di Brandy Schillace, è raccontata più dettagliatamente dallo scrittore di scienza Sam Kean in questa bella recensione apparsa sul New York Times. A parte il fatto che Sam Kean scrive molto bene, mi sento di consigliarla perché è l’unica, tra le molte che ho letto in giro per il web, che non sia corredata di immagini francamente disturbanti delle operazioni condotte dal giustamente soprannominato Dr Butcher, il Dottor Macellaio.