I nostri occhi sono, fra tutti gli straordinari organi di cui è fatto il nostro corpo, quelli che da sempre mi hanno più affascinato.
Sarà che porto gli occhiali da tempo immemorabile e che la mia unica esperienza con le lenti a contatto, anni e anni fa, mi ha provocato un’escoriazione alla cornea e molteplici crisi di rigetto, ma provo per gli occhi un’ammirazione sconfinata per il modo in cui apparentemente senza fatica riescono a metterci in contatto con l’ambiente esterno e a farmi godere di piaceri molteplici senza farmi ingrassare di un grammo!
L’autore del romanzo Il peso dei numeri, Simon Ings, si è cimentato questa volta in un saggio dedicato all’occhio, di cui parla con una soggezione simile alla mia da un punto di vista fisiologico ma anche simbolico, con la prospettiva di un accademico storico della scienza seppure non lo sia neanche lontanamente.
La sua Storia naturale dell’occhio è un libro eccezionale, ricco di aneddoti sulla vista e sul modo in cui ci rapportiamo a questo organo di senso così fondamentale, troppo spesso dato per scontato da chi, me per prima, non si rende conto della fortuna che ha di poter abbracciare il mondo semplicemente grazie a un battito di ciglia.
Quella parte di storia della scienza che parla degli studi sulla visione umana è appassionante come e più di un romanzo; a questo si affiancano ricchi resoconti sulla visione nel mondo animale, con attente analisi sull’evoluzione degli organi deputati alla vista corredate di meticolose descrizioni – talvolta un po’ inquietanti, come nel caso di molti insetti.
Un libro non di facilissima lettura per chi, come la sottoscritta, non ha competenze in ambito fisiologico; ma lo sforzo è assolutamente ripagato ogni volta che la visione della realtà esterna è arricchita dalla consapevolezza di tutti i meccanismi che la rendono possibile.