Il cervello umano produce in 30 secondi altrettanti dati di quanti il telescopio spaziale Hubble ha prodotto in quasi trent’anni di onorata carriera. Non male, vero? E se vi piacciono i numeri – e i paragoni – posso aggiungere che in un singolo essere umano ci sono grosso modo altrettante cellule cerebrali di quante sono oggi le pagine internet, milione più o milione meno. Stiamo parlando di circa 86 miliardi di neuroni, ciascuno dei quali ha in media 1750 connessioni (sinapsi) ad altri neuroni. Numeri fuori dalla portata dei computer moderni e, devo dire, anche da quella del mio pensiero. Il cervello ha una complessità tale da risultare incomprensibile al cervello. Ci serve una mappa o, per usare un termine più specifico, una cartografia cerebrale aggiornata.
Negli ultimi decenni, i neuroscienziati hanno fatto tutto ciò che era in loro potere per iniziare, se non altro, ad affrontare il problema. Sono riusciti a migliorare la precisione delle mappe cerebrali delineate in precedenza, avendo capito che le singole funzioni (prendere un oggetto, innamorarsi, ascoltare un suono…) sono mediate da circuiti che attraversano i confini anatomici e che, come raccontavo in un altro articolo, l’idea nata a inizio Novecento secondo cui aree morfologicamente simili corrispondono a funzioni simili, molto semplicemente, è sbagliata.
Gli scienziati, oggi, possono esaminare nel dettaglio l’attività elettrica di un numero ristretto di neuroni, oppure utilizzare tecnologie di imaging che mostrano quali aree si attivano durante lo svolgimento di determinate azioni, ma si tratta di risultati estremamente parziali, che ci dicono ben poco, ad esempio, su cos’è la coscienza o anche “soltanto” sul perché alcuni individui, e non altri, soffrono di disturbi psichiatrici.
I ricercatori dello Human Connectome Project (Progetto connettoma umano), usando un approccio su larga scala, hanno prodotto una serie di immagini del cervello a partire da più misurazioni di risonanza magnetica funzionale effettuate su 210 adulti sani, pubblicando la cartografia cerebrale risultante a inizio 2016. Fino ad allora, la risonanza magnetica funzionale era stato l’unico metodo usato da praticamente tutti gli studi volti a delineare una mappa del cervello e delle sue funzioni, trascurando il fatto che ogni punto del cervello può essere descritto da un gran numero di caratteristiche, come ad esempio le connessioni fra le diverse parti dell’organo o la quantità delle proteine che formano i recettori dei singoli neurotrasmettitori. I ricercatori dello Human Connectome Project hanno invece usato un database di dati di imaging che ha lo scopo di chiarire i percorsi neurali alla base delle funzioni cerebrali, riuscendo a produrre una cartografia cerebrale in cui ogni emisfero è diviso in 180 aree specifiche, 97 delle quali descritte per la prima volta.
Il tracciato da seguire in futuro è stato segnato qualche mese dopo quando, dopo cinque anni di lavoro, sono stati pubblicati i risultati ottenuti da un gruppo di ricercatori che aveva deciso di seguire un approccio complementare: anziché studiare oltre duecento soggetti, si sono concentrati su un solo cervello – quello (sano) di una donna di 34 anni, analizzato post mortem. Ne è risultato un atlante straordinariamente completo di un singolo cervello umano – per di più, consultabile liberamente sul web.
Ovviamente, da un singolo cervello non è possibile generalizzare granché, ma le cose potrebbero cambiare in modo rivoluzionario se le tecniche usate in quest’ultimo caso fossero applicate, raggiungendo un pari livello di dettaglio, a un gran numero di soggetti, ripercorrendo i passi dei ricercatori dello Human Connectome Project.
Tra i tanti aspetti affascinanti delle neuroscienze, la cartografia cerebrale è sicuramente una sfida ardua, appassionante e tanti altri begli aggettivi che iniziano con la lettera “a”, e personalmente mi auguro sia vinta nel più breve tempo possibile perché la posta in gioco è notevole, anche dal punto di vista culturale: man mano che i neuroscienziati capiscono sempre meglio come funziona il cervello, si addentrano sempre più nei territori tradizionalmente esplorati soltanto dai filosofi (e dai teologi, ma da punti di vista diversi). La domanda fondamentale resta però sempre la stessa: che cosa significa essere umani? Al cervello – grazie anche al prezioso aiuto della cartografia cerebrale – l’ardua sentenza.
Fotografia di copertina: Cerebro di Manuel P. Báñez via Flickr